Dance Dance Dance – Haruki Murakami –

30 09 2010

Mai fermarsi, continuare a restare in movimento se si vuole giungere alla meta. E quale modo migliore di muoversi che danzare; danzare al ritmo degli eventi che il percorso ci pone di fronte, danzare al ritmo della musica che fa da colonna sonora a questo percorso.

In questo romanzo, ambientato e scritto negli anni ottanta, quindi contemporaneo a se stesso, Haruki Murakami compie, ancora una volta, un viaggio di ricerca interiore molto complesso e tortuoso, ma vibrante e continuamente sul filo che divide il sogno dalla realtà.

Il giovane giornalista free lance protagonista della narrazione si muove in un mondo che sta mutando velocemente a causa delle spinte tecnologiche e sociali in atto in quel decennio.

Reduce da alcuni eventi negativi che hanno scosso la sua vita (la moglie che lo lascia, la morte di un’amico, la scomparsa del recente amore Kiki) e con un lavoro che non lo soddisfa (dice di spalare pezzi di cultura che nessuno vuole trattare cosi come si deve spalare la neve che ingombra il vialetto) decide di prendersi un pausa da tutto e ritornare in un luogo, il Dolphin Hotel di Sapporo, dove un fantomatico personaggio, l’uomo-capra, lo aspetta, dove tutto è iniziato.

Quando ci arriva scopre che il vecchio hotel è stato sostituito da uno nuovo, enorme ed extrateconologico. Ma soggiornadovi si rende conto che il vecchio Dolphin Hotel sopravvive all’interno di quello nuovo, così come è sopravvissuto l’uomo- capra, nascosto nei suoi meandri.

Qui incontrerà la giovane receptionist Yumiyoshi, di cui si invaghisce e la piccola Ame, qui si rifarà viva Kiki, la prostituta con cui aveveva iniziato una relazione e che è scomparsa nel nulla.

Qui riallaccerà i contatti con Gotanda, un suo vecchio compagno di liceo divenuto divo del cinema.

L’Hotel diverrà l’epicentro da cui si diparte il filo che dovrà districare per completare il percorso iniziato entrandovi.

Muovendosi, danzando, sempre su due binari, quello della materialità e quello dell’immaterialità, il libro si sviluppa come un percorso di riappropriazione di se attraverso l’esperienza di eventi anche tragici e duri, come la morte di persone care.

La musica è poi parte integrante e fondamentale del racconto. Moltissime sono le citazioni di artisti, band e singoli brani, sulle note dei quali si muove il protagonista.

Sottotraccia si percepisce anche una critica della modernità che in quel periodo avanzava velocemente.

Così Gotanda diventa l’emblema della sempre crescente importanza data all’apparire sull’essere, al possedere beni materiali sull’acquisire un’equilibrio emozionale.

Così il luogo dove fuggire per ritemprarsi diventano le Hawaii, dove la semplicità di una vita fatta di sole e nuotate si coniuga con una natura ancora padrona del paesaggio.

Il libro si conclude con un happy ending che però non vuole essere banale ma si propone come l’illuminato inizio di una nuova fase del percorso di vita del personaggio; con un nuovo amore, i canti saldati con il passato e una nuova maturità acquista tramite l’esperienza.

Murakami riesce sempre a coniugare in modo esemplare la dimensione onirica con quella letteraria senza far perdere tensione e ritmo ai suoi romanzi ed i  suoi personaggi, anche quelli più strampalati ed impossibili, sono talmente ben costruiti e verosimili da entrare sottopelle e farsi ricordare con piacere per molto tempo.

Un romanzo che consiglierei a chiunque avesse voglia di meditare su se stesso facendosi prendere per mano dal proprio “uomo-capra”.

A.


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Una risposta

4 10 2010
omar

Bella recensione, mi ha convinto, leggerò il libro di Murakami

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