Stig Dagerman morì suicida a soli 31 anni al culmine del successo, fu una figura di spicco nella letteratura svedese, ma qui, in queste brevi righe non voglio ricordare le sue opere, seppur ce ne sia bisogno, vorrei soltanto rievocare la sua passione politica, che fu prima di tutto passione civile, e riportare la sua ultima poesia scritta nel 1954.
Dagerman sin da giovanissimo entrò a far parte del movimento anarchico, una scelta che porterà avanti anche nel dopoguerra ritenendo di dover conservare la libertà del proprio sguardo lontano dagli schieramenti dei paesi socialisti e occidentali e dalle loro ideologie.
La scelta anarchica per Dagerman rappresentava l’unica opzione possibile per opporsi a ogni falsità e oppressione, per smascherare i meccanismi dello sfruttamento e della manipolazione presenti in entrambi i campi. Il proprio rigore etico gli imponeva di rivendicare la “politica dell’impossibile” distante da ogni compromesso, una posizione priva di realistiche speranze di vittoria, scelta politica di testimonianza e ribellione. E d’infelicità.
L’ultimo giorno della sua vita Stig Dagerman coerente con le scelte politiche fatte, che impongono dei doveri, consegna al suo quotidiano una poesia satirica, Attenti al cane!
“Certo è deplorevole
che gente che vive di sussidi
tenga poi un cane”,
ha dichiarato un responsabile
della Previdenza Sociale
nel Värmland.
La legge ha i suoi difetti.
I poveri han diritto di tenere un cane.
Potrebbero tenere dei topi, invece:
van bene anche loro e sono esentasse.
Se ne stanno in anguste stanzette
coi loro costosi bastardi.
Perché non giocano con le mosche?
Non sono animali da compagnia?
E al Comune tocca pagare.
Bisogna farla finita
o c’è da temere
che si comprino delle balene.
Una decisione va presa:
abbattere i cani! Non è una buona idea?
Il prossimo provvedimento: abbattere i poveri.
Così il Comune risparmierà qualcosa.
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